La biblioteca comunale di Modena, intitolata ad Antonio Delfini, rende omaggio allo scrittore modenese con una rivisitazione creativa della sua vita, del legame contrastato con la città natale, dei suoi amori e delle sue amicizie.
E proprio a quest’ultimo aspetto della sua vita è dedicato l’ultimo appuntamento in programma della manifestazione La parola a Delfini.
Giovedì 25 ottobre, alle 21, presso la sala Conferenze della Biblioteca Delfini (corso Canalgrande 103), Beppe Cottafavi e Walter Siti affronteranno il tema: La scrittura e al grazia: Pasolini lettore di Delfini, cercando di approfondire e di analizzare il rapporto fra lo scrittore modenese e l’intellettuale Pasolini, il quale si prodigò molto per far assegnare ad Antonio Delfini il premio letterario Viareggio postumo del 1963.
Al convegno-commemorazione che si svolse a Modena il 27 ottobre 1963, voluto dall’allora sindaco di Modena Rubes Triva per onorare l’autore modenese, Pasolini intervenne con queste parole:
“Nella goffaggine di Delfini c’era sempre qualcosa di virgineo: egli dissacrava un intero modo di vivere, ma appunto perché la sua dissacrazione era così totale egli sentiva il bisogno di vergognarsene (…). Egli è lo scrittore aggraziato per definizione, ma mai grazia costò sacrifici così grandi. Egli ha dovuto difenderla con le unghie e contro tutti i suoi contrari, che in letteratura sono molti” e ancora “Per arrivare alla sua pagina, che è pagina di classico doveva trovarsi continuamente nello stato dell’apprendista, dello scolaro, del clandestino, del dilettante. Quanto forzato masochismo per pagare l’assolutezza dolcemente aggressiva con cui disegnava i suoi personaggi nel fondo assoluto del tempo! Quante anticamere per ottenere un sorriso, contagioso, radioso, di Stendhal, o di Mozart!”.
Antonio Delfini è considerato il più grande scrittore modenese del ‘900. Autore-personaggio dalla biografia leggendaria, amato dai poeti e dagli artisti eppure imprendibile e segreto: “tutti ne parlavano, nessuno lo conosceva”, scrive il critico Carlo Bo ancora nel 1997, così che Delfini resta “un mistero impenetrabile, non soltanto per gli altri, ma anche e soprattutto per se stesso”.
Delfini ha conosciuto in vita una storia editoriale avventurosa, consegnata a piccole riviste, autoedizioni, numeri unici e persino manifesti murali. Tra le opere più importanti si ricordano il volume di racconti Il ricordo della Basca (1933-1938), Il fanalino della Battimonda (1940), La Rosina perduta (1957), I racconti (1963). Ha scritto anche i versi di Poesie della fine del mondo (1960), e Lettere d’amore(1963).
In bilico tra esperienza vissuta e fantasticheria, la scrittura di Delfini racconta una storia personale tormentata e un rapporto ambivalente con la città natale, sempre riconoscibile nella trasfigurazione letteraria.
Credo sia importante conoscere i propri scrittori, quelli che hanno portato l’eccellenza modenese, e ne hanno fatto parlare, a conoscenza di un ampio pubblico. Conoscere la propria storia fa essere fieri delle proprie radici, e conoscere uno scrittore così recente può aiutare a capire meglio il proprio presente.